Una passeggiata tra le vie del paese con la salita sulla rupe del Sasso, dove si trovano i più antichi edifici, è un tuffo nel passato e nei luoghi simbolo di Mergozzo
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3. Chiesa di Santa Marta
La piccola chiesa di Santa Marta risale al XII secolo e rappresenta un esempio dello stile romanico locale. La sua dedicazione originale era ai Santi martiri dei primi secoli del cristianesimo Quirico e Giulitta, ma nel 1603 il vescovo Carlo Bescapè la affidò ai Confratelli di Santa Marta, con il compito di tenerla vitale, ospitando, quando necessario, i viandanti che chiedevano asilo. Lo splendore di Santa Marta si arrestò nel 1807, quando le leggi napoleoniche sancirono l’eliminazione delle confraternite. Il restauro cui è stata sottoposta nel 1932 ha permesso di riscoprire l’affresco in lunetta dedicato a Santa Marta. Questa è rappresentata con il capo coperto e l’aureola, l’acquasantiera e l’aspersorio che usa per sottomettere la tarasca, mostro leggendario del sud della Francia. Accanto alla Santa, i confratelli vestono la tipica tunica bianca con cappucci e portano il flagello.
La festa di Santa Marta e di tutto il rione di Riva viene celebrata l’ultima domenica di luglio: per l’occasione l’ingresso della chiesa viene addobbato con le ortensie, i fiori tipici di quel mese, e viene preparato per tutta la popolazione il tradizionale risotto alla milanese.
4. Chiesa Parrocchiale
La parrocchiale di Mergozzo, dedicata alla Vergine Assunta, è stata in passato un importante centro religioso per il territorio: un documento del 1133 la cita infatti come unica chiesa pievana presente nella bassa Ossola. L’aspetto attuale deriva da un totale rifacimento della precedente struttura romanica iniziato nel 1603 e terminato nel 1610, voluto dal vescovo Bescapè sull’onda di modernizzazione del contesto ecclesiastico novarese. Dell’antica architettura romanica sono rimaste la base del campanile, innalzato a 38 metri nel 1661, e l’arco absidale della sacrestia con alcuni frammenti di affreschi e qualche concio di pietra riutilizzato nelle murature seicentesche.
Oggi la chiesa si presenta al visitatore come una struttura barocca a tre navate divise da colonne in sarizzo. La facciata a capanna, con le guglie, la Vergine, gli Evangelisti e gli angeli è del 1865. Altre opere di interesse si incontrano all’interno della chiesa: la pala d’altare della navata destra datata 1623, opera di Carlo Cane, dedicata alla Vergine Assunta in cui compare l’olmo; la “croce di Gerusalemme” in legno d’ulivo, intarsiata con madreperla, che risale al XVIII secolo; l’organo seicentesco e la balaustra dell’altare maggiore in marmi policromi comaschi del 1702.
Il cimitero, inizialmente attiguo alla chiesa, fu spostato fuori paese dopo le determine dell’editto di Saint Cloud, e al suo posto si realizzò un ossario sul sagrato.
5. Porticato delle cappelle
Dal sagrato della chiesa parrocchiale si accede ad un porticato realizzato nel XVIII secolo sotto il quale si percorre la Via Crucis. Le cappelle con le stazioni che narrano la Passione del Signore furono edificate attorno al 1750, come attestano gli atti di visita del vescovo Balbis Bertone del 1759. Originariamente costituita da singoli piloni, la Via Crucis venne racchiusa in un elegante porticato poligonale per motivi statici già prima del 1781.
Gli affreschi originari delle cappelle furono eseguiti dal varesino Giovan Battista Ronchelli nel 1752, come ha dimostrato un documento ritrovato nel corso delle ricerche che hanno accompagnato gli interventi conservativi del 2002-2005 promossi dal Gruppo Archeologico Mergozzo. I primi rifacimenti del complesso infatti, risalenti al 1865 ed opera dei pittori vigezzini Carlo Giuseppe Peretti e Antonio Borgnis, ed i successivi interventi del 1911 e del 1932 avevano completamente celato le luminose tonalità delle pitture settecentesche del Ronchelli, che i recenti restauri hanno riportato in buona parte alla luce.
Sul lato settentrionale del porticato si trova la Casa del Predicatore Quaresimalista che venne costruita nel 1724. Fu in seguito, dal 1867, sede del Municipio, poi delle scuole, quindi ospitò i reperti archeologici oggi trasferiti nel Museo Civico, restituendo così l’edificio all’utilizzo della Parrocchia.
6. Colonna delle peste
L’11 giugno 1630 è il giorno in cui i mergozzesi fecero voto a San Rocco e San Carlo per essere liberati dall’epidemia della peste “manzoniana”, sottoscrivendo un documento notarile, ancora oggi conservato nell’archivio parrocchiale, in cui si impegnavano a recarsi in processione alla chiesa di Santa Maria di Prato Scopello e celebrare la messa, presso l’altare di San Rocco, ogni 16 di agosto in perpetuo; inoltre promettevano anche di santificare perpetuamente il 4 novembre con una messa cantata a San Carlo.
Il documento ci riporta a quell’estate in cui la peste mieteva vittime un po’ ovunque, per cui per motivi igienici, anche a Mergozzo, la Santa Messa veniva officiata all’aperto e più precisamente fuori la porta occidentale del Borgo. Il luogo ove si officiava è lo stesso dove verrà poi eretta “la colonna della peste”. Colonne di questo tipo, diffusissime, non erano solo legate alle pestilenze, ma portando sulla sommità la croce, dovevano tenere lontano dai paesi anche le carestie, i gravi danni provocati dalle intemperie e tutto ciò che appariva di origine demoniaca.
A Mergozzo la colonna è stata edificata tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, utilizzando sarizzo da trovante per la base e granito lavorato alla punta per il fusto. Il monumento sorgeva in una zona allora paludosa dell’abitato, chiamata Acqua nera. Quando venne posata la fontana, nel 1869, metà della base della colonna era già stata sotterrata per i continui riporti di bonifica, ma, a giudicare dai numerosi materiali ceramici d’età romana rinvenuti in occasione di scavi nel 1989, i tentativi di prosciugare l’area iniziarono fin dal I secolo d.C.
7. Scalinata della Scarpia
L’antica scalinata che sale al rione del Sasso, lo sperone roccioso che ospita la parte più antica del paese, è detta “Scarpia” per la sua pendenza. Da secoli è l’arteria di collegamento tra la parte bassa e la parte alta del paese.
8. Chiesa di Santa Elisabetta
Nel 1623 fu costruito sulla sommità del Sasso l’Oratorio dedicato alla Visitazione di Santa Elisabetta. All’interno ancora oggi è conservato nell’altare principale un affresco del XV secolo, rappresentante la Madonna in trono che allatta il bambino, unica testimonianza di un’antica cappella che precedette l’oratorio. La chiesa si presenta a pianta rettangolare con il tetto in piode, una piccola sacrestia e un campaniletto in granito, che conserva la più antica campana della bassa Ossola, datata 1669. Sul lato ovest vi è la prima fontana di Mergozzo, eseguita nel 1854 dal capitano Domenico De Giuli, che pose le tubature in legno per portare l’acqua in località “Al Sasso”.
Gli affreschi in facciata furono riportati all’antico splendore dal pittore mergozzese Mario De Giuli: l’apostolo Sant’Andrea con la croce a “X” e il diacono San Lorenzo con la graticola, simboli del loro martirio; il Leone, simbolo dell’evangelista San Marco sopra il portale d’entrata; sul timpano il Padre Eterno e la Colomba dello Spirito Santo. All’interno si trovano anche due quadri di un pittore lombardo rappresentanti la Nascita della Madonna e la Visitazione, derivata da una tela di Rubens, dove Maria è ritratta con un curioso cappello da passeggio.
9. Resti di struttura fortificata (Castello)
Alla sommità del rione Sasso si osservano resti di antiche murature di un torrione, noto come “castello”, che rappresentano la sopravvivenza di una fortificazione di origine medievali, posta in posizione dominante a presidio del territorio.
10. Il vecchio Olmo
L’olmo (Ulmus minor) è una figura che tiene compagnia a Mergozzo ed ai suoi abitanti da ormai cinque secoli, questo almeno si evince da un’importante fonte iconografica che lo ritrae in tutta la sua giovinezza: una tela che rappresenta la Madonna del Rosario con i santi Domenico e Caterina datata e firmata Carlo Cane 1623, conservata nella Chiesa parrocchiale dell’Assunta a Mergozzo. La tela reca ai piedi della Vergine, una veduta di Mergozzo con l’olmo al centro. Esso era infatti al centro anche della vita sociale e politica del paese, tanto che tutte le decisioni dei capi famiglia e gli editti del Comune venivano proclamati alla pubblica piazza all’ombra delle sue fronde, come si legge nei documenti antichi “In platea publica et subtus ulmo”. Se ciò non accadeva, l’atto era da considerarsi invalido.Oggi, a sottolineare la sua importanza, è inserito nella lista degli alberi monumentali del Piemonte.