STORIA
La chiesa di Santo Stefano si trova nella località Villa di Pallanza, collocata tra il colle della Castagnola, l’abitato di Suna e il lungolago di Pallanza. In epoca medievale dipendeva dalla pieve di San Vittore di Intra, mentre in età moderna era sussidiaria della parrocchia di Madonna di Campagna a Pallanza. Solo nel 1822 divenne una parrocchia autonoma.
La chiesa presenta oggi uno stile architettonico e decorativo prevalentemente di gusto barocco, derivato dagli interventi di restauro di XVII e XVIII secolo. Gli unici lacerti romanici visibili sono collocati sul fianco meridionale: sono esigui ma, uniti alle testimonianze documentarie, ci permettono di conoscere nuovi particolari sulla fase medievale della chiesa.
Il toponimo “Villa”, utilizzato per indicare la parte del borgo pallanzese dove si trova la chiesa di Santo Stefano, richiama la destinazione che quest’area doveva avere tra età tardoantica e altomedioevo. Infatti, i grandi latifondi agricoli di epoca romana erano definiti villae. Queste aziende agricole conoscono un periodo di forte crisi dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente: solo con la riorganizzazione politico-amministrativa carolingia (fine VIII-inizio IX secolo) assistiamo ad una rinascita socio-economica che porta all’affermazione dell’economia curtense. Le curtes sono grandi appezzamenti terrieri, organizzati come aziende agricole su modello delle villae romane e affidati in gestione a signori locali o a potenti enti religiosi tramite legami vassallatico-beneficiari con il monarca. Ogni curtis comprendeva generalmente terreni coltivabili, boschi e terreni adibiti al pascolo ed era suddivisa in due parti: la pars dominica, con la dimora del signore, e la pars massaricia, con appezzamenti affidati a massari.
Da un documento dell’885 sappiamo che anche Palanza era una curtis. Possiamo ipotizzare che la pars dominica fosse collocata sulla sommità del colle della Castagnola, in una posizione più sicura e ben difendibile, nell’area dove ora sorge la chiesa di san Remigio che in origine poteva essere la cappella curtense. Invece, ai piedi del colle e nelle aree circostanti dovevano trovarsi numerosi appezzamenti agricoli, come possiamo dedurre proprio dal toponimo “Villa”.
ARCHITETTURA ROMANICA
La ricostruzione della chiesa di Santo Stefano avviata nel XVII secolo ha portato al quasi totale abbattimento dell’edificio romanico. Dai resoconti delle Visite Pastorali effettuate alla fine del XVI secolo, quando era ancora in uso la chiesa medievale, possiamo ricavare preziose informazioni per ricostruirne l’aspetto. Essa viene descritta come un edificio a due navate, entrambe coperte da soffitto ligneo e terminanti in absidi semicircolari. La navata minore era depressa rispetto a quella maggiore: la quota del soffitto era, cioè, più bassa. La chiesa aveva due altari: il maggiore dedicato a Santo Stefano, in capo alla navata di meridione; il secondo dedicato alla Concezione della Vergine Maria, collocato presso l’abside minore a nord. Le due navate erano divise da arcate e piloni. Le fonti fino ad ora note non ci permettono di sapere se questo impianto a due navate risalisse già all’epoca romanica oppure se la navata minore fosse stata aggiunta in un momento intermedio, tra il XIII e il XVI secolo.
Presso l’Archivio parrocchiale di San Leonardo, oggi ospitato nella struttura aderente al portico della chiesa di Santo Stefano che in età moderna accoglieva un ospedale dedicato allo stesso Santo, si conserva un capitello romanico a elementi fogliati stilizzati che potrebbe provenire dall’edificio medievale e orientare verso una struttura originale a due navate. Sullo spigolo tra il lato meridionale e la facciata era collocato il campanile.
La chiesa era inoltre preceduta da un portico (vestibulum), sopra il quale vi era una stanza adibita a sede della Confraternita del Santo Rosario, fondata nel 1575. Questa stanza era raggiungibile per mezzo di una scala lapidea collocata sotto la struttura del campanile all’interno della chiesa. Inglobato nella chiesa seicentesca possiamo vedere ancora parte del perimetrale meridionale della chiesa romanica che comprendeva la navata maggiore e la torre campanaria, i cui profili sono indicati con il tratteggio rosso nella tavola.
La tessitura muraria è particolarmente raffinata: conci di dimensioni medie e piccole sono disposti in corsi alternati di piatto e di taglio. La parete esterna della navata maggiore è decorata da una frangia continua di archetti pensili. L’unica monofora conservata è opera di maestranze di grande perizia tecnica: l’archivolto è realizzato in un unico concio di granito lavorato con una doppia incisione. La stessa lavorazione si ritrova in due archetti pensili reimpiegati nella muratura seicentesca del contrafforte absidale e probabilmente provenienti da una porzione smantellata dell’edificio medievale.
Sullo spigolo sud-occidentale della facciata si innestava la torre campanaria, di cui rimane solo una esigua porzione di muratura in cui è possibile distinguere una feritoia tamponata.
L’aspetto della chiesa di Santo Stefano doveva dunque apparire molto simile a quello della chiesa dei SS. Fabiano e Sebastiano di Suna, anch’essa caratterizzata dalla torre campanaria costruita sullo spigolo sud-ovest della facciata e accessibile direttamente dall’interno della navata della chiesa. Anche la somiglianza della tessitura muraria, della lavorazione degli archetti pensili e degli archivolti delle monofore avvicina questi due edifici, tanto che è possibile ipotizzare per entrambi la realizzazione nella seconda metà del XII secolo ad opera delle medesime maestranze.